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La Mano Di Gloria

by IANVA

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1.
2.
Ti sei mai domandato se la sfida altro non sia Che l’ultimale stigmata di aristocrazia Spogliata di protervia e fatta salda d’umiltà Raccordo tra il futuro e una perduta civiltà? La sola forma d’arte che non faccia la commedia Di andare controvento mentre è in cerca di una sedia E l’unica postura in un mondo messo a tergo Che sia degna di un uomo finalmente allo scoperto E invece poi Restiamo qui dopo cent’anni ancora Grevi di remissività Che ci abbrutisce e, in fondo, ci divora: Con fauci di conformità. Senza mai cogliere che tale posa Riconfigura ciò che sei Giacché da sempre servitù si sposa Col grugno imbelle dei plebei. Lo vuoi? Ma penso che nessuna aurora possa permearmi Al pari di una che si accende in coda a veglia d’armi E il prezzo di quell’ansia pago più che volentieri Per un blasone arcaico non avuto fino a ieri. E’ un arco che si tende solo se sarà regale La mano che lo impugna, e se la fronte da spaccare E’ di depredatore, di assassino e parassita Come Odisseo riavremo il nostro regno nella sfida Solo se Ci sembrerà che sia scoccata l’ora, L’italica ciclotimia Che Azione ed Arte sian tutt’una ancora Che torneranno pandemia. Dopo oltre un secolo non più fratelli Amari frutti di trincea Ma i Proci in casa restano sempre quelli Sei solo tu, l’Arco e l’Idea. Se vuoi…. “Se novissimo è il campo d’azione Non muta il brevetto iniziale Che solo può darti ragione: Cuore! Bomba! Pugnale!”
3.
Edelweiss 06:27
Persistenza c’è di lei: vigorosa sobrietà Nei tesori che curò dalla ingiurie dell’età. C’è chi ancora la ricorda, lunghe gambe sul sentiero Con la sua schiva bellezza, le sue poche primavere. Ti racconteranno che dedicò la sua esistenza A rinfocolare ciò che estenuava per assenza, Un ordito immateriale nell’arazzo tesse insieme Un paesaggio e la sue gente, la radice col suo seme, Il torrente a fondovalle e la polla sua sorgiva: Una sorte collettiva in quei fili d’anima. Edelweiss oh Edelweiss In Dir atmet Ewigkeit Edelweiss oh Edelweiss In Dir lebt Ewigkeit Oh Edelweiss! Di due sangui confluenza, di due stirpi crocevia, Amorevole presenza di una madre e tuttavia Devozione combattiva che non compri e non conquisti, Lei è la tradizione viva: non l’attenti senza rischi. Lei di vita così colma che anche in morte fu feconda Nel rigenerar l’estrema sprezzatura della fronda, Dell’ordigno popolare è l’innesco detonante, Dei destini che verranno la mitologia fondante, Ma si eternerà nel mito ciò che oggi è solo lotta: La carogna a cui ora tocca le ossa qui calcinerà! Edelweiss oh Edelweiss…. “Hier kommt die Frau Sie schreitet mit uns vom Traum zur Tat, Ein Herz voller Mut und Zuversicht Und ihre Vision wird Wirklichkeit Edelweiss, Du bist der Schlüssel in einer Welt aus Stein Eine Tür in eine neue Zukunft In eine neues Sein In ein neues Miteinander Niemals gibst Du auf Und alle Gefahren alle Warnungen Schlägst Du in den Wind” Il suo nome ora riecheggia tra le abetaie cupe, Per le valli e tra i dirupi, ogni cuore incendia già. Edelweiss oh Edelweiss….
4.
Alta Via 06:26
Se la rosa dei venti si dischiude a Ponente Il cielo scende come uccello da rapina. Se da Est sopravanza del Maestrale l’affondo E’ con soffio d’Averno che alza il rogo del tramonto, La sciroccale spira che da Sud verrà Sa di serraglio, frutta sfatta ed oppio, Ma il nostro inverno spesse volte ha per noi Di sole e ghiaccio un caleidoscopio. Avrai luttuose vie di pioggia Lanciate lungo quei declivi Per gli scoscesi acciottolati In mille intorbiditi rivi E a sbrindellarsi sui crinali Il vento spingerà i fumosi Brani di nebbia come bende Su erose membra di lebbrosi. Ma giungerà la tramontana Nell’esorcismo della sera Quando il suo canto il cielo spiana Di limpidissima bufera, Quando fin nelle insenature Il vento lacera la vela E quando strappa alla campana Per Dei negletti una preghiera. Come Ianus a cavallo di quest’aspra dorsale Che va a cozzo al costato dell’alpeggio occidentale Qui la gente ha due sguardi egualmente lontani Dagli afrori spiaggiati e dai miasmi padani. Ma quel retaggio d’indocilità vorrei Non fosse prono a pavida apatia, E con la malta d’una nuova idea potrei Farne fortezza: Alta Via, casa mia. Vorrei sapere come e quando Si è consumato questo dolo E soprattutto la scadenza Di quel vestito preso a nolo, Quel detestabile costume In forma di arrendevolezza Che a chi decreta l’estinzione Non sa che opporre la carezza. Ma il mio santuario è questo monte Casa del fulmine e del tuono Scala da cui ogni tempesta Discende lungo vie di ozono, Vi brucerò ancora le mie rune Ad ogni porta solstiziale E sarà ancora il mio costume Livida tinta temporale. Caro amico, mi è dolce camminare al tuo fianco, Ora è bene rientrare: il tempo si va guastando…
5.
L’ora Che col sangue ristora Come fa del tramonto la piaga che il mondo Consola di sua emorragia. Giunge Con sembianza di sfinge Elusiva quel tanto da cingere il pianto E farne affilata pazzia. Chiunque amavo mi fu strappato via così E di sicuro anche tu saprai da chi. E’ l’ora Che precede l’aurora Con il cuore di ghiaccio e dispera il suo abbraccio Di brina, brividi e algie. Ma chiama Con lucore di lama Il cui truce riflesso è il lume che adesso Solo rischiara la via Perfetta madre tu sei: Maestra di Pietà. Mi puoi dannare se vuoi perché so già… Che davanti a te, mia Signora Delle Stelle, Giuro che vedrò capovolta la sua pelle. Giuro su di te e per quanto sia blasfemo Ti consacrerò questo ferro e il suo veleno. Credo, Ma da allora non prego. Sono quello che sono e non chiedo perdono Perché io perdono non dò. Vivo In vista d’un solo arrivo: La più atroce vendetta quale unica vetta Che da oggi scalare vorrò. Sublime esempio, lo so, è quello che tu dai, Ma che seguire non potrò, né ora, né mai… Qui davanti a te, mia Sorella Di Dolore Giuro strapperò dal suo petto vivo il cuore. Prega tu per me, ché qui sul mio sangue giuro Che lo inchioderò come insetto contro il muro!
6.
L'Anarca 06:26
Se un giorno le vostre campane la nota più mesta e straziata La suonassero in morte d’un cane travolto sulla strada, Non dico che mi ricrederei sul conto di ogni vostro campanile Ma da cane solo al mondo un vespro lo potrei sentire. E invece i rintocchi ferali che esortano i popoli al lutto Sono dati a signori speciali cui dicono dovremmo tutto. E le distese sonore più sguaiate sempre un po’ ferragostane Sian senz’altro riservate alle nozze più mondane. Ma non c’è lega che faccia un fragore Che possa raggiungermi nel cuore del bosco Neppure se fosse percossa per ore Scalzerebbe la voce che domina il posto, La voce del bosco è un immane me stesso Che è arbitro solo del bene e del male E la sola legge tagliatami addosso E’ scritta nel codice della mia morale. Gli amici li tengo a distanza Gli amori, spiacente, lo stesso Ma questa mia autocoscienza Sono loro a insidiarla più spesso, Ma nondimeno mi riesce naturale dare a ognuno il suo dovuto E accresciuto ritornare il rispetto ricevuto. Tolleranza non è solo uno sfiato Specie verso le altrui debolezze E mai dall’alto in basso ho guardato Pur chi meritava disprezzo E non ho mai ingigantito nullità, né sminuito altrui grandezze, Possa essere dannato se tradisco una promessa. Mi tengo alla larga da arrampicatori, Dagli intriganti e da tutti i vigliacchi, Da chi screditando guadagna favori, Bado soltanto a pararne gli attacchi, Non voglio umiliarmi, strisciare o piaggiare Sebbene l’indotto sia cosa evidente, Mi piace discutere, ma non litigare, Preferisco il chiarire al dogma spiovente. Se sono impeccabile in ogni dovere E’ solo perché tengo a sentirmi nel giusto, Tuttavia non corteggio e non servo il potere, Non concedergli nulla è il mio minimo gusto. E se il potere spettacolo dona Non mi vedrete tra i suoi spettatori: La sola campana che dentro risuona E’ per i cani chiamatisi fuori.
7.
Un tempo per muovere l’aratro Altro non vi era che anteporvi un bue E ottenevi del solco il risultato Sommando le passività dei due. Creatura e utensile assemblati dal giogo Nella stretta servile del medesimo nodo. Nel bove spento è l’occhio minerale Prospettico all’usuale seminato Al saldo d’un domani ancora uguale Tutt’uno con l’attrezzo e col tracciato. Per questo stenti a scorger le ragioni Di tutto ciò che un toro fa evidenza, Ossia che in pochi grammi di coglioni Consista l’abissale differenza. Ma è innegabile che tale scarto si vede: Giogo adatto non c’è – non cammina, ma incede. Il toro ha un corno disegnato ad arco Che lancia il suo nemico tra le stelle, E’ fatto apposta per aprirsi un varco Sfilandone dal buco le budelle. Cosa genererà l’indomabile fuoco Che lo fiancheggerà nell’arena tra voi? Su coraggio, chi sta dalla parte del toro? Che si aspetta a unirci a lui? Qualcuno con quel toro ha da spartire L’idea che più incivile non si può Che chi ti vuol la pelle requisire Dovrebbe ben pagarla anzichenò. Specie chi come voi pare proprio sia avvezzo A scucirne di molte, sorvolando sul prezzo. Quattro torpedini sotto superficie Le avrete in culo al tempo d’un rosario, Quattro torrenti di ira redentrice Già vi hanno scelto come loro estuario. Due giungono portando in dotazione Artiglieria leggera, ma per dire. E un’altra avanza a modo di scorpione: Punta e veleno tanto per gradire. Poi c’è un quarto che viaggia imbottito a tritolo Verso l’ultima spiaggia da cui spiccare il volo. Mezz’ora d’inferno scoperchiato Vi ha già ridotto alquanto la baldanza Benché qualcuno lo si sia accoppato Si replica che è troppo ciò che avanza. Detti saranno poi Portatori Del Fuoco, Una mano che sa appiccarlo per noi. Fuoco amico di chi, portatore del giogo, Voglia disertare i buoi!
8.
Qui dove si sposano il limpido e il nero La notte è lo specchio abissale Su cui si riflettono l’analogo e il vero Che adesso è il mio turno guardare. E’ l’apoteosi del mio paradosso: Pulita, ma senza candore E ogni paura mi cade di dosso Portandosi appresso il pudore. Intorno a me non c’è altro che aria Come naufrago null’altro ha che il mare Ma non è buio di notte ordinaria Che mi accoglie da vero compare. E sono impensabili sconforto e paura Nel tuo regno, sia pur di un minuto, Seguendoti, seguo la mia stessa natura E ritrovo un conforto perduto E il cuore non dà più tormento perché Quassù tra le stelle e i falò, Il vento si alza e mi parla di te E del tempo d’amore che avrò. L’eterno diventa un momento e non è Che aria che respirerò Di casa di volte d’argento per me E luce di stelle e falò. Tre vette gemelle e ad ognuna il suo fuoco: Ché il mondo lo possa scrutare! E nuovi Arditi avvinti da un gioco Che ha il soffio d’un rito ancestrale, Sono certa comprendi se un po’ mi defilo Quale unica donna in quest’ora. Già troppi ti acclamano e un basso profilo Trovo sia preferibile ancora. Perché dovrei dirti che ardono in te, Nei tuoi occhi le stelle e i falò Gettando l’orgoglio tetragono che E’ la sola forza che ho. Sono faville nel buio di un’Era E tu l’astro che ancora non ho. Vittoria è il mio nome: presagio o chimera, Se credi, per te lo sarò.
9.
10.
Mi piace osservare di soppiatto Mentre tutto compreso nel ruolo, Pianifica e con rapido tratto Dà forma al suo capolavoro. Certo, è tutto ma meno che usuale Sia la bomba l’attrezzo adottato E che il mondo sia il suo materiale. Diciamo che nel fortunale Mi sono aggrappata a uno scoglio, Se sia sorto da ganglio infernale O piovuto dal cielo non voglio Chiedermelo, almeno per ora, Perché è chiaro: lui è oltre e trascina Ma già so che mi vuole vicina. Quando parla, dietro lui, sento Echi di ineluttabilità Come il vento che quando si alza sa Che solo in se stesso ha il suo limite. Quell’ebbrezza che ci dà quando La sua immaginificità Nuovi mondi sa farti scorgere Oltre visuali ormai aride. Come Dioniso e cantaride Infligge il suo trauma magnifico… E’ strano, ma è storia già vista: Ogni ciclo rispetta lo schema Che in chiusura ogni ipotesi mista Va in malora e rimane l’estrema Come unica in grado di dare Un barlume di gioia e speranza Per la notte, l’aurora è violenza. Ma l’aurora tornerà sempre, Forse noi bruceremo con lei E l’eternità di quell’attimo E’ un fiore di fuoco da cogliere. Se vi entrerò con lui, sento Che dimora di sempre sarà, E nell’estasi sua cromatica Le anime saranno musica. Perché adesso so che un destino c’è: Quello di essere nata… per te. Per te…
11.
Quello che ho lo cedo a te, Viaggerò scabro e leggero perché Non servirà nulla di quanto ho raccolto, lo sai, Dove andrò Non sei quello che hai. Non tremo, non temo, Ma strano: mi stupisco io per primo. Già sento lo schianto, Eppure non ritrovo le paure. E la mia fine la scrivo da me Che con te Ho il mio splendido apice… Scegliendo un destino, rigetto il declino Comprimo in istante, in stella danzante Ciò che differito subirei impoverito, Ma io non sarò miserevole mai e poi mai Perché della morte, semmai, io me ne rido: E rideremo, vedrai. Solo che poi, in tutta onestà, Mi sorge il dubbio che non sia viltà La vita che potrei avere invecchiando con te, Certo, si, E’ naturale così. Ma penso, in compenso che Sia vile adattarsi in un porcile: Putrescente Occidente Che impone ciò che in modo abbietto teme Ma non nominarla non lo salverà, Morte dà, Morte riceverà. E sarà feconda, l’aratro che svelle la zolla profonda, Tenessi alla pelle non potrei cacciarmi il temibile sfizio Di esser giudizio, sentenza e condanna per voi, E della morte, perciò, io me ne rido E tanto peggio per voi. Per voi Per voi!
12.
Infine, eccomi qui. Blindato di sbarre e a costato scoperto, Se è andata così Del bel morire non ero poi così certo, Ma è pronto il rimedio Nell’ordine di poche ore: Cessa l’assedio, alla forca ci vado di cuore. Ma prima che sia Dischiuso il sipario sull’ultimo atto Lasciate che dia La scorsa finale all’intero soggetto Perché ho avuto una vita Che sebbene mi si possa levare, Ben altro conto è quello di riuscirla a imitare. Ho avuto fratelli fino all’ultimo accanto Nella sorte che ho scelto di essere spina nel fianco E adesso che hanno assaggiato di quel sangue il sapore Morto mi renderanno il vostro sogno peggiore. Ma non nego che Provo spavento sul ciglio del nulla Di certo ora c’è Che non vi son giunto d’inerzia ed imbelle. Siete dunque coinvolti nel ruolo che io vi ho assegnato: Solo i boia che siete, ma dal volto infine svelato. Bastardi, badate a voi, E all’arma che state per mettermi in mano, Col senno di poi Saprete che un un uomo non muore mai invano Se manda in scena la parte che a voi vermi non calza: L’estrema fierezza di dare un esempio che innalza. E penso a una donna che il solo avere avuto Basta e avanza a chiarire l’enigma d’essere nato Su di lei già sono morto e ogni volta risorto Voi ammazzate l’avanzo di innumerevoli morti.
13.
Ogni uomo concorre a un frammento di Creato, E’ il momento d’un dono simultaneamente dato Che natura mortale lo condanna a recepire In dosi minime. E quel senso di inutilità Di ogni azione che governa la realtà E’ il vuoto potere di chi trionfa sull’attimo. Dileguato Dio, se tutto cambia nulla cambierà, E quel lavorìo che smonta ogni residua volontà Che ti rende sterile e che si fa metastasi. Ma ogni Uomo può scoprirsi disposto ad amputare Fino all’osso il tessuto e quel mondo rivoltare Sì da a metterne a nudo anche l’ultima ventraglia Se sfida scaglia. Perché ogni Uomo, ideando, può fondare degli Imperi, Può narrare cantando ciò che rese grande ieri Ogni odierno forzato di anomia e insignificanza, Quell’Uomo avanza. Nera anima burocrate, Stolte scienze di stregoni fai-da-te Che nascono sguattere a chi tiene le redini. Ecumenici profeti di una nuova umanità Come medici che fanno del contagio voluttà, Ma lingua di miele non dà che impulso ad ergersi. Perché ogni uomo che nasce è il segmento di una storia Che chi dà per scontata accecato dalla boria Si ritroverà in cambio solo carte sparigliate E armi spuntate. Ci saranno comunque stirpi troppo ben riuscite, Temerari e geniali guastatori dell’ordito, Nuovi incauti incapaci a dividere con l’iniquo Lo spazio antico. Sarà l’Uomo-variante che la specie riprocessa Anticorpo alla parte tumorale di se stessa Sarà un uomo sereno sull’abisso e nella sfida Sarà ancora Vita.

about

Europe, 2027. The dystopian story of a revolution.

credits

released January 4, 2021

Personnel
Mercy: vocals, lyrics, music, concepto (taken from the book trilogy “La Mano Di Gloria“), arrangements, backing vocals
Stefania T. D’Alterio: vocals, backing vocals
Fabio Carfagna: acoustic and electric guitars, music, backing vocals
Francesco La Rosa: drums and percussions, programming, music
Fabio Gremo: classical guitar, music, orchestrations, arrangements, backing vocals
Beppe Spanò: piano, mellotron, harmonium, keyboards, backing vocals
Azoth: bass guitar
Davide La Rosa: accordion, tablas, backing vocals
Gianluca Virdis: trumpet

Guests:
Volgar dei Xacrestiani (reciting voice in “La Mano Di Gloria“)
Gerhard Hallstatt (vocals in “Edelweiss“)
Frank Machau (vocals in “Edelweiss“)
Gregorio Bardini (flute, kena, whistle, crumhorn, Tunisian mizwab, shawm)
Claudia Ducalia (dilruba in “Canzone Dell’Eterna Aurora“)
Arthuan Rebis (pipes, bouzouki)


Sound Engineer: Andrea Torretta (Project Studios GE)
Mastering: Nicola Fantozzi @ Red Angela
Executive and Record Production: IANVA
Graphic Design: Dinamo Innesco Rivoluzione
Layouts and Supervision: Massimo Bellucci for “Antica Fonografia Il Levriero”

license

all rights reserved

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about

IANVA Genoa, Italy

Dark Cabaret, Orchestral Pop of the '60s, Melodrama, Chanson and Italian “canzone d’autore” flow with epic and highly visual compositions laced with touches of the very finest of Italian film score composers (Ennio Morricone, Nino Rota..) stamped with a unique style. Old Italian Style since 2004 ... more

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